3 Luglio 2014 • Nessun commento
Censimento della Schiacciata
Vino e degustazioniQualche giorno fa sono stata alla presentazione del primo censimento sulle schiacciate presso l’Accademia dei Georgofili. Davanti a un’accaldata platea – la sala era priva di aria condizionata – composta da giornalisti eno-gastronomici, addetti ai lavori e curiosi, è stato presentato il lavoro svolto da Aset (Associazione Stampa Enogastroagrolimentare Toscana), Vetrina Toscana (un progetto della Regione Toscana che vuole promuovere ristoranti e botteghe che lavorano a km zero, nel rispetto della qualità) e Accademia della Crusca. Insomma una cosa seria!
A cominciare dal nome. Chi la chiama schiacciata, chi la chiama focaccia, chi solo schiaccia o ciaccina… se ne trova traccia storicamente fin dal 1300. E’ stato mostrato uno studio, che illustrava come ai fini del Novecento esistessero tantissime nomenclature, che variavano a seconda della zona, in oltre 200 località toscane.
Quel che emerge da questo lavoro certosino – oltre 200 forni e produttori presi in considerazione, oltre 100 assaggi – non è solo la varietà di nomi, ma anche di sapori e ricette. Farina, sale, acqua, lievito e olio sembrano esser sempre presenti, ma con infinite varianti. C’è quella alta e morbida, quella bassa e croccante, quella con il sale in superficie e quella con i bordi rialzati…
Le schiacciate sono state sottoposte a una vera e propria analisi organolettica. I risultati dettagliati verranno divulgati in seguito. Per ora ci basti sapere che tutte le varietà possono essere ricondotte a 5 “macrotipi”: sottile e sottilissima, da farcire, tradizionale, di pasta di pane, con farine di grani speciali.
Obiettivo di questo lavoro è anche premiare chi lavora con prodotti di qualità e a km zero.
Dopo la conferenza è seguita ovviamente una degustazione nel cortile di Palazzo Gondi, messo gentilmente a disposizione dalla contessa Gondi presidentessa degli Amici dei Georgofili, insieme ai vini di famiglia.
C’erano anche due produttori di altri settori: uno di affettati con una finocchiona da urlo, e La fattoria di Lischeto (Volterra) che produce un formaggio a prova di vegani, dal momento che usa caglio vegetale: il pecorino delle balze volterrane. Buono!